Ci siamo conosciuti tanti anni fa in libreria e
venivamo da secoli diversi.

Io con i miei anfibi d’inverno, i tatuaggi, la sfocatura di chi non ha mai trovato davvero una sua collocazione nel mondo. Studi interrotti, separazioni e tutte le fragilità di chi è venuto dopo, frammentata in decine di pezzi malcomposti.

Lei (non riesco a darle del tu, non ci riuscirò mai) con i suoi abiti tre pezzi, sempre sobri, sopra una camicia perfettamente stirata, la carriera accademica brillante e conclusa, l’accuratezza sicura, nei gesti e nelle parole, della persona compiuta e integra.
Ci siamo emozionati di Faulkner, abbiamo passato mezz’ore intere a discutere dei Roth e Penn Warren del quale ci siamo innamorati all’unisono.

E Steinbeck, Salinger, Franzen sì o no.

Ci siamo accapigliati su Goliarda Sapienzauna vera porcheria, per lei, forse per la sua formazione cattolica o perché proprio questa donna le era aliena.
Mi ha accompagnato al caffè e alla sigaretta in uno scambio continuo di impressioni, sentimenti, scoperte improvvise.
Mercoledì sera mi ha chiamato sua figlia per dirmi che era morto.
E che aveva trovato un biglietto col mio numero: ‘Avvisate Barbara di Feltrinelli’.
Sono stata onorata della sua amicizia professor Sterpi. E della sua fiducia.

Non credo, non crederò mai, che i libri ci rendano migliori.
Ma sanno essere ponti tra mondi lontanissimi come i nostri.
Buon viaggio.