Questi ritratti nascono da un sogno (che tale resterà) che coltivo da molti anni.
Mi sarebbe piaciuto aprire finalmente una mia libreria, dopo due decenni da libraia dipendente, aperta certamente a tutti, ma dove in prevalenza avrei ospitato libri di autrici donne o comunque che parlassero di e alle donne in particolare.
L’avrei chiamata Le calze blu*, in onore di tutte quelle ragazze, giovani o meno che fossero, intelligenti, colte, attente e anche rivoluzionarie, ciascuna a modo suo. Chi entrava poteva sedersi, fermarsi a chiacchierare, a leggere, magari portandosi dietro un lavoro – qualsiasi, dalla maglia allo studio delle nanoparticelle – sicuro di poter trovare un posto accogliente e soprattutto divertente.
Perché, come molti prima di me e più qualificati, penso che l’umorismo sia una qualità di coloro che se si portano dei pesi o sentono ancora freschi i tagli e le ferite della vita, riescono a guardarle dal di fuori e a farne ironia. Ecco perché in questa libreria ideale e a questo tè c’è anche Stefania Bertola.
Ho preso in mano uno dei suoi libri tanti anni fa, in un momento di sincera disperazione, quando cercavo qualcosa di facile: non avevo testa per i miei saggi di filosofia né per autori che amavo e che però avrebbero acuito il mio dispiacere. Dopo quel primo, li ho presi tutti, anche per stima verso qualcuno che era riuscito a farmi ridere di cuore dei malestri quotidiani, dei piccoli inciampi, delle fatiche delle relazioni o della routine.
In ciascuna delle interviste fattele, emerge sempre dalle sue parole, la consapevolezza di chi scrive di sé in maniera, appunto, ironica, divertente, sapendo che a ogni dolore quotidiano, piccolo, si troverà un rimedio (e in qualche modo ce lo dice anche in Romanzo rosa).
Torino è la città delle sue chiacchierate tra amiche (Ne parliamo a cena), dei disguidi sentimentali, dei casini pasticcioni, nei quali, sono sicura, ogni tanto ci siamo tutte impantanate.
I suoi romanzi (a torto? a ragione?) definiti rosa, non sbavano mai, hanno un equilibrio narrativo perfetto, una lingua vivace, effervescente e i dialoghi sono spesso irresistibili: da Aspirapolvere di stelle a Le ragazze mancine tutti mantengono queste – notevoli – qualità. È per questo che c’è anche lei a questo tè, per questo spirito intelligente che avrei voluto nella mia libreria del sogno. E per entrare ha portato Biscotti (e sospetti).
*Blue stockings: circolo letterario fondato da Elizabeth Montague e Elizabeth Vesey in Inghilterra nel 1750.Durante le ‘colazioni’ organizzate dal circolo si promuovevano l’emancipazione delle donne e il loro diritto all’istruzione e alla cultura.
Da allora la locuzione blue-stocking viene utilizzata nel linguaggio corrente per definire una donna libera, colta, emancipata, spesso, però, in maniera dispregiativa.

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