Se nasci da una famiglia wasp e altolocata, ma sei bruttina e con strambe attitudini al mondo magico e alla scrittura, puoi star certa che, se tuo padre ti ignorerà, tua madre non perderà occasione di ricordartelo finché vivi.

E la madre di Shirley andrà oltre, non dimenticando mai di farle presente il dispiacere per la sua bruttezza, per il suo essere grassa. Arriverà a criticare parola per parola ogni suo scritto e a cercare di distruggere il suo matrimonio (e forse lì non si poteva darle torto, considerato il soggetto a cui Shirley decide di dedicarsi giovanissima).

Per moltissimi anni gli scritti di Shirley Jackson sono stati relegati dalla critica nel cassetto contrassegnato dall’etichetta ‘horror per casalinghe’ – e in questo è necessario dire che lei ci ha messo del suo, raccontando ad ogni incontro delle sue ‘capacità magiche’ tanto da farla soprannominare Virginia Werewoolf* da alcuni critici più velenosi. In anni più recenti, qualche mente interessante – da Stephen King a Jonathan Lethem fino a Joyce Carol Oates – si è data il compito di riprendere, rieditare e studiare la produzione di Shirley Jackson dandoci la possibilità di tirarla fuori da quel cassetto etichettato male e mostrandoci tutto quello che da principio lei voleva mostrare.

Anche nei suoi libri le donne si prendono la loro rivincita e sono donne emarginate in quanto considerate fuori dai canoni, strambe, brutte, grasse (aveva sicuramente fatto un tirocinio lungo e terribile grazie a sua madre, che terrà sempre presente).

Le loro vendette non sono soavi perché, anche la donna angelicata e custode del focolare, con la messa in piega perfetta, è per Shirley un’icona da distruggere, mostrandoci anche la parte crudele e disumana del femminile. Abbiamo sempre vissuto nel castello (che per me è sublime), Gli incubi di Hill House, La lotteria, ci raccontano il visibile e il sommerso di queste donne, la ragione e anche, talvolta, la loro cupa magia.

In Italia a rivalutarla ci ha pensato Adelphi

*Virginia Lupomannaro