Ci sono luoghi dove i bambini non hanno diritto ad essere bambini: la loro innocenza viene tradita nel momento stesso in cui nascono. Non ci sono giochi, non c’è amorevolezza, non c’è cura. Non esiste ascolto. Sono solo frutti di incastri biologici, e a questa esigenza puramente biologica della vita devono adeguarsi da subito e sopravvivere.

Non è necessario spostarsi di molto per vederli: abitano le nostre periferie cittadine e quando calano in centro (un poco più cresciuti) li guardiamo con fastidio; sono chiassosi, invadenti, minacciosi, anche.

Sara è la loro insegnante. Migrata per seguire il marito a Palermo, si ritrova straniera e smarrita. Ha vissuto per quasi tutta la sua vita in un paese della provincia di Trento, e la città enorme, bellissima, le appare come una divinità incomprensibile. Non parla la sua lingua e lei si sente un corpo estraneo e indesiderato. Le sembra di dover reimparare persino a respirare, come se fosse immersa in una costante apnea.

Indesiderabili e indesiderati sembrano anche i ragazzi della classe alla quale viene assegnata nel cuore del CEP, il Centro di Edilizia Popolare, uno dei tanti acronimi italiani nel quale sono rinchiuse vite ai margini, come in ghetti che hanno muri invisibili eppure non valicabili. Muri fatti di povertà e degrado. Di cemento e polvere che forzosamente sono parte, ormai integrante, del pensiero stesso di queste vite orientate unicamente alla sopravvivenza.

E la scuola è solo un posto dove sostare. La scuola non insegna a sopravvivere ed è, già solo per questo, inutile.

E inutile si sente anche Sara. Inutile davanti agli abusi e agli oltraggi quotidiani all’innocenza. Nessuno sembra potersi salvare. Non Rosy, che a causa del suo ritardo viene allontanata da casa. Non Milo che invece ama stare a scuola. E Sciaron, Gaetano. Nessuno.

Fiori senza destino è un romanzo a racconti durissimo eppure di una dolcezza tremenda. E racconta la verità. La verità che ci si ritrova davanti quando si sceglie di vedere.

“A questi ragazzi nessuno si è mai seduto affianco per raccontare una, fiaba, una storia. E allora insegnare è anche questo, sedersi vicino e raccontare una storia”

Francesca Maccani, Fiori senza destino, Sem editore