In via Gorizia i pensionati delle fabbriche fantasma (relitti di cartiere, carcasse di aree di stoccaggio, resti di aziende meccaniche) giocano a briscola già dall’alba, sotto la pergola del bar di Yi; ha tenuto i tavolini, i posacenere di plastica rossa della Campari e l’insegna della Först anni ’70.
Ha tenuto anche il biliardo col panno liso e le bruciature di sigaretta sulle vene del legno.
I pensionati mischiano il veneto con il pugliese, fischiettano canzoni napoletane. Si urlano addosso per una giocata sbadata e per la campagna acquisti.
Fumano esportazioni senza filtro e Ms morbide, possibilmente.
Quelli in piedi, in attesa del loro turno sotto la pergola, si appoggiano ai muretti dell’ingresso. E guardano. E scrutano il passaggio delle giovani ivoriane della casa di fronte. Hai visto che cosce? Che culo alto e sodo ah!
Che quadri! E calalo ‘st’asso a coppe!
Passa anche la Mariella con Zagor, il cane eterno, bianco e nero.
Sono quindici anni che la vedo frugare la strada avanti e indietro e avanti ancora, fino al civico 15.
Elegante sempre con i suoi scamiciati capresi, occhiali da sole e catenella. E Zagor che finge di essere un segugio e invece no, anche lui, qui, è un meticcio,
un incrocio di mondi e semi.
Come tutti noi.
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