Non ho mangiato per giorni, se per mangiare si intende sedersi, godersi anche in minima parte il cibo che si ha davanti.
Mi sono limitata ad aprire sacchetti di taralli e a staccare pezzetti di parmigiano in quantità variabile. Tutti i giorni, per giorni, sempre lo stesso: un morso di parmigiano, un frantumarsi di taralli. Tutto qui.
Poi sono subentrati i tramezzini del discount e poi, procedendo in verticale nei giorni, i panini di MacDonald, le patatine (quelle di Burger King sono meglio. Ma su quelle di MacDonald puoi avere la salsa cheddar. La porcheria adatta a me, adesso, gialloarancio, orrenda. Grassa).
La sera mi coglie un barlume di saggezza e prendo una di quelle grosse pastiglie effervescenti multivitaminiche. Ma la prendo più per l’effervescenza che per le vitamine.
Ho una gastrite arrabbiata che mi fa sospendere il fiato per interi minuti e passo tutta la giornata a mandibola tirata, come se stringessi un pezzo di legno. O mordessi un freno.
Ho scoperto che anche lungo le strade provinciali milanesi si può urlare di nervi e di rabbia e di niente su una Opel grigia e anonima, non solo su una Chevy del ‘78 lungo un pendio di una strada americana. L’Ohio, il Kansas. Non so, uno di quei bellissimi posti americani del cazzo che non vedrò mai.
E fumo, fumo tantissimo, come mai prima.
E non ti penso.