Una donna di mezz’età, elegante, palesemente imbruttita dall’alcol e evidentemente seccata dalla situazione che l’ha costretta all’occasione, si presenta a un ricevimento con una borsa che non vuole cedere.
Dentro ci sono alcune lumache – esemplari del suo sterminato allevamento- che ‘le faranno compagnia durante la serata’.
Patricia non è stata una donna facile: cinica, sgarbata, diretta oltre il tollerabile e con un’inclinazione spiccata alla misoginia (nonostante moltissimi dei suoi brevi e numerosissimi amori fossero state donne).

Patricia era bellissima, da giovane, e estremamente carismatica. Ciononostante un’infanzia complicata e un rapporto difficile con sua madre segneranno per sempre i suoi rapporti umani, tanto da farle scegliere, a un certo punto, l’isolamento in una casa nel Canton Ticino insieme ai suoi gatti e, appunto, alle lumache.
Le persone le impedivano di pensare e se poteva limitava i suoi contatti ai messaggi scritti, a lunghe lettere in cui raccontava di sé e dei suoi personaggi che, in un modo o in un altro, le assomigliavano sempre.
In ciascuno dei suoi romanzi, infatti, non riesce del tutto a nascondere un tratto di simpatia verso i suoi protagonisti, spesso ambigui, moralmente labili o del tutto disturbati, come Tom Ripley, personaggio chiave di alcuni dei suoi migliori racconti.
Si interroga moltissimo sull’identità, Patricia.
Sul nostro essere spesso ipocriti, anche con noi stessi, e sulle nostre verità più oscure che lei invece mette in scena in maniera perfetta, da meravigliosa costruttrice di architetture della tensione e del pericolo (‘la poetessa del timore’, così la chiamerà Graham Greene) delle relazioni umane.
Morirà completamente sola, Patricia, dando mandato di aprire tutti i suoi archivi e di frugare tra le sue lettere, per ricordare a tutti chi era stata veramente.
Le sue lumache e i suoi gatti lo sapevano già.