Leggendo mi sono costruita mondi e di tanto in tanto torno a visitarli. Uno, in particolare, mi accompagna dall’infanzia in maniera piuttosto costante. È il mondo vittoriano di Charles Dickens. Ma non è solo questione di atmosfere, tempo e costumi. È un modo di costruire storie architettonicamente impressionanti e perfette costruite su legami famigliari, errori, passati che influenzano i presenti. In breve quel che la critica chiama feuilleton e che io chiamo ‘quei bei romanzoni’ che ti inchiodano alla pagina e che nonostante il peso e il numero di pagine ti trascini appresso senza remore.

‘L’uomo di fumo’ è esattamente questo: su una trama noir, Price ricostruisce la storia di due grandi amori – quello per una donna e quello per un padre – muovendosi indietro e avanti nel tempo e nella Storia (dal Sudafrica delle miniere di diamanti ai ricordi sanguinosi della Guerra Civile Americana) fino alla resa dei conti del ricordo in una Londra di fine ottocento descritta con una cura ai limiti della perfezione.

E non solo. Se da un romanzo come questo ci si aspetta una soddisfazione puramente ‘escapistica’ si rimarrà delusi. Perché con una scrittura vivida e impeccabile si scava a fondo, profondamente e ci si trova trafitti da pensieri lancinanti e soprattutto ‘presenti’.

Steven Price, L’uomo di fumo, Bompiani (By gaslight, traduzione di Piernicola D’Ortona e Maristella Notaristefano)

https://www.bompiani.it/catalogo/luomo-di-fumo-9788845292774