Non mi viene facile scrivere di questo libro: non perché ci sia poco da dire, ma perché, al contrario, è stato per me un motore potente di pensieri e riordinarli in poche righe rischierebbe di ridurlo a una semplicità che non gli appartiene.

[… Arrivai ad Antropologia con Conrad nel cuore, solo per scoprire che la sua scrittura era infestata da zone d’ombra…]

Conrad, lo straniero, lo sradicato, che impara l’inglese relativamente tardi e sulla sua ricostruzione e re-invenzione creative eppure impeccabili, scrive di passaggi di vita, di oscurità e Claudia, la straniera tra due paesi, gli Stati Uniti e l’Italia, il New Jersey e la Basilicata. La straniera udente nell’universo potente e silenzioso dei suoi genitori sordi.

Raccontare lo sradicamento e lo straniamento in una ‘memoria di formazione’ senza rischiare di cadere nella banalità del sentimentalismo è difficile eppure qui ci si muove sui costoni impervi del dolore e dell’oscurità con agilità estrema, grande perizia e un talento per le parole speciale, prezioso. Al netto di tutte le differenze esistenziali mi è stato impossibile non calarmi del tutto in questa storia; impossibile non frequentare gli stessi locali, girare con la stessa musica in cuffia, sentirmi ancora una volta straniera e dislocata in una città che è la mia eppure non lo sarà mai. Impossibile non sentirmi apolide nella ressa umana.

Una nota a margine.

La straniera è entrato nella dozzina dello Strega 2019 e io, in maniera del tutto egoistica e controproducente (per l’autrice ovviamente e anche per me che i libri li vendo) vorrei che ne uscisse. Come tutti i libri che ho ‘sentito’ profondamente lo vorrei solo per me o, almeno, non lo vorrei vedere in mano a chiunque. È un cattivo pensiero, lo so. Pazienza.