William Blake, Adam naming the beasts

“Dio, il Signore, avendo formato dalla terra tutti gli animali dei campi e tutti gli uccelli del cielo, li condusse all’uomo per vedere come li avrebbe chiamati, e perché ogni essere vivente portasse il nome che l’uomo gli avrebbe dato. L’uomo diede dei nomi a tutto il bestiame, agli uccelli del cielo e ad ogni animale dei campi…”
(Genesi 2:20-21).

Il nostro nome ci offre al mondo (e non è poi così strana la ritrosia di alcuni bambini nel rifiutarsi di rispondere, se glielo chiediamo); è il modo in cui ci segnaliamo agli altri.
A nostra volta, abbiamo dato nomi al mondo e continuiamo a farlo: dal batterio più infinitesimale sul fondo del
mare alla galassia più lontana che siamo riusciti a percepire.
Abbiamo nominato le scoperte, gli oggetti, le lingue morte e i popoli svaniti. Cerchiamo nomi per le arti e i loro prodotti.
Abbiamo chiamato i sentimenti, nelle loro pieghe e sfumature, le emozioni, per ciò che erano.
Siamo minuziosi e costanti in queste attribuzioni di segno e di senso. Nominare è uno sforzo umano continuo e perenne e immanente all’uomo stesso.
Perché i nomi sono i segnali che ci permettono di non perderci nell’universo, per non smarrirci negli abissi ignoti dei nostri ‘non sono’.
Il mio nome è Barbara.