“Se non vieni amato da piccolo, non puoi sapere come si ama un bambino, ti manca la conoscenza preliminare. Se lo immagina fare il padre in queste condizioni?”
“Già, presumo che lei abbia ragione”
“Una madre come lei, ad esempio, mia giovane amica: quale bambino vorrebbe una madre come lei?”
Quando il bambino era bambino, venne strappato alla sua vita di sole e mani calde e brune e spruzzi d’acqua nella foresta per essere consegnato nelle mani della madrepatria brumosa e fredda.
Figlio del Raj, dell’Impero, come tutti gli altri bambini figli di militari o funzionari di stanza in oriente, viene riportato in Inghilterra per poter essere educato e istruito secondo le regole dell’epoca, regole per le quali non sono previsti sconti all’infanzia. I bambini sono adulti in miniatura e come adulti devono conformarsi al ruolo sociale pre-stabilito, in base alla classe sociale alla quale appartengono, non appena imparano a muoversi e a parlare. Per questo, vengono affidati a lontani parenti o a famiglie adottive che si occuperanno della loro sussistenza fino al loro inserimento in una delle tante ‘grammar school’ sparse nella provincia inglese.
Edward Feathers è un figlio del Raj. Subito orfano di madre e con un padre ufficiale di stanza in Malesia, viene portato in Inghilterra insieme a due cugine e preso in carico dai Didds, una coppia anziana che ospita bambini in cambio di un compenso e che segneranno per sempre l’esistenza di Edward.
Lo ritroviamo ultraottantenne, giudice in pensione, che dopo una vita spesa nel foro di Hong Kong ha scelto di tornare a ‘casa’ con la moglie Betty. Ed è con la morte improvvisa di Betty che riaffiorano i ricordi delle sue tante vite, segnate sempre e comunque dal rifiuto affettivo e dall’abbandono.
Aveva passato momenti peggiori di quello, rifletté. Molto peggiori.
Solo che le probabilità di passarne ancora sono finite, ormai. Tempo scaduto. È l’assoluta, razionale verità, un’equazione indiscutibile, persino bella. La vita finisce. Uno arriva a esserne stufo. Niente più memoria. Niente più desiderio. Eppure non si vuole che finisca. Non ancora. Maledetta memoria.
È inevitabile per questo romanzo non pensare a Kim di Rudyard Kipling e Jane Gardam non fa mistero della sua ispirazione. Io, invece, forse nutrita a letture diverse, non riesco a non pensare alla Mary Mary quite contrary de Il giardino segreto e a Sarah Crewe, La Piccola principessa, ambedue di Frances Hodgson Burnett, autrice che ho certamente amato più di Kipling e a differenza di Kipling relegata a un ruolo minore.
C’è una peculiarità in questo romanzo (che prelude a un ciclo di tre) che quando trovo mi colpisce sempre, e alla quale attribuisco sempre un valore enorme, ed è la capacità di saper raccontare la tragedia di una vita con umorismo e ironia punteggiando il racconto di dialoghi fulminei, corrosivi, talvolta surreali ma sempre perfetti.
Una nota di merito va alla traduzione magnifica (sebbene irta di ostacoli e doppi sensi) di Alberto Bracci Testasecca.
Jane Gardam, Figlio dell’impero Britannico, Sellerio
https://sellerio.it/it/catalogo/Figlio-Impero-Britannico/Gardam/11280
13 Febbraio 2020 il 16:25
Comprerò sicuramente questo libro, dopo aver letto la vostra recensione. Solo una cosa mi stupisce (ma è poco importante): far classifiche tra Rudyard Kipling e Frances Hodgson Burnett.
Sono entrambi autori e autrici importanti. Non penso proprio che la seconda abbia un posto di secondo piano.
Complimenti ancora per il vostro blog. È un piacere leggerlo.
23 Febbraio 2020 il 12:28
Grazie Nathan Zuckerman:)