Le raffinate robette

Nel mondo editoriale e letterario è sempre vivo il pregiudizio nei confronti della cosiddetta narrativa di genere, relegata spesso alla sua sola funzione di passatempo privo di qualità e le autrici e gli autori, raramente o mai, vengono degnati di stima letteraria (o sia mai culturale) dalla critica o da lettori che si (auto)considerano colti, non disponibili a deprezzarsi leggendo (cito una mia cliente in libreria) robette.

Ed è qui che arriva Dorothy.

Figlia di un membro del clero anglicano, si laurea ad Oxford con il massimo dei voti.

Scrive moltissimi saggi a carattere filosofico e teologico e la sua traduzione della Divina Commedia è ancora oggi una delle più apprezzate, anche per la ricchezza e puntualità dei commenti. So much per quelli della ‘robetta’.

Perché Dorothy non è solo una ‘scholar’ di grande valore. È anche una scrittrice di gialli (che me l’hanno fatta conoscere e amare quando ero una ragazzina che passava ore in biblioteca). Membro del Detection Club insieme a Agatha Christie, G.K. Chesterton, John Dickson Carr (e molti altri), scrive una serie di romanzi che hanno come protagonista Lord Peter Wimsey. Eccentrico, coltissimo e soprattutto dotato di grandissimo senso dell’umorismo, Wimsey ha un grande talento per l’investigazione grazie anche alla sua profonda empatia per le umane sventure. Intorno a lui un corollario di donne indipendenti, ironiche, libere, prima su tutte la donna di cui è innamorato, Harriet Vane.

Peter incontra Harriet in prigione, accusata di un terribile delitto. Nonostante lei (nel frattempo giudicata innocente grazie alle investigazioni di Wimsey) ricambi quest’amore, rifiuterà sempre di sposarlo preferendo una condizione di libertà e indipendenza, anche chiacchierata, a un futuro stabile e certamente ricco.

Anche Dorothy Sayers presenta un mondo femminile alternativo alle regole sociali dell’epoca, usando la scrittura per riparare (forse) anche alcune fratture della sua vita.

Spesso le donne di cui racconta sono infatti rappresentazioni della donna totalmente libera e indipendente che lei non è sempre stata in grado di essere.

Stretta nella morsa morale e religiosa della sua provenienza famigliare, quando rimane incinta dell’uomo che ama senza essere sposata sceglie di lasciare il figlio, in grande segreto alla sorella. Lo adotterà anni dopo, quando avrà una situazione famigliare stabile, legale.

È questa sua dolorosa spaccatura che me la fa apprezzare più di altre. Forse perché certe debolezze e incrinature mi appartengono: dura e pura non sono e a questo punto non sarò mai. Ma è proprio questa debolezza ‘vista’ dal di fuori che le permette di essere una delle autrici più umoristiche e intelligenti che io conosca.

Anche (o forse ancor di più) quando scrive di…robette.