C’è un modo di dire squisitamente britannico nel rituale del té: chi lo serve, occupandosi di distribuire il latte, le zollette di zucchero e di tenere al caldo la teiera è la ‘madre’ (indipendentemente dal sesso). ‘Shall I be mother?’ è il modo in cui ci si offre di fare da officiante in questa cerimonia laica che si impara(va) da bambine ed è un ruolo importante, di valore.
Una delle nursery rhymes vittoriane più in voga recita:
‘Will you come to our party today, Carrie-Wynn? The party is all ready now to begin
and you shall be mother and pour out the tea
because you’re the oldest and best of the three’.*
La madre di questi tè pomeridiani è per me, certamente, Barbara Pym.
Paragonata spesso a Jane Austen per la caratterizzazione psicologica dei suoi personaggi, per la lingua e le ambientazioni, a differenza sua, Barbara non vive tutta la vita in un ambiente ovattato e protetto: si arruola nella Marina Militare Femminile (le Wrens) durante la seconda guerra mondiale e sarà di stanza a Napoli fino alla fine del conflitto e questo ambiente così particolare le ispirerà uno dei suoi romanzi più riusciti, Donne eccellenti.
Tornata in Inghilterra lavorerà – per buona parte della sua vita per l’International African Institute e per la rivista Africa, venendo così a contatto col mondo degli antropologi, che sfileranno spesso, con le loro manie, nei suoi racconti. Arguta, profonda, divertente, scrive moltissimo fino a che, quasi d’improvviso, il suo editore storico le rifiuta un romanzo, Una relazione sconveniente (An unsuitable attachment). Lo riscrive, ne scrive altri, cerca altri editori ma viene respinta da tutti.
I suoi mondi di persone comuni, vicari, signore di mezza età, donne indipendenti, antropologi sconclusionati, sembrano non interessare più nessuno.
Barbara si sente ‘in the wilderness’, e ci rimane per sedici lunghi anni: sperimenta un rifiuto incomprensibile, la depressione e la malattia, vivendole insieme agli amici più cari (quelli dei suoi mondi) e all’amata sorella. Finché un poeta le fa visita: è Philip Larkin, che fa uscire sul Times Literary Supplement un articolo in cui la sostiene e la definisce come ‘la scrittrice più sottovalutata del secolo’. I suoi libri vengono finalmente ripubblicati ma Barbara non li vedrà, ormai sfinita per la malattia. Concordo sinceramente con Larkin.
Non c’è un romanzo della Pym che mi sembri inutile. Nonostante la distanza geografica e sociale che possiamo pensare tra noi e i mondi che racconta, esattamente come la Austen, come tutti i grandi hanno saputo fare e per questo li leggiamo ancora, è riuscita a rendere i suoi temi e i suoi scenari ‘universali’, vicini, trasversali al tempo, soprattutto per la profondità e acutezza con le quali coglie l’umano medio, quello che è come tutti noi. Per questo, adesso, ci servirà il tè.
(In Italia è stata edita da La Tartaruga e ora fuori catalogo. Per fortuna, a ripubblicarla, ci sta pensando Astoria).
* ‘Verrai alla nostra festa oggi, Carrie-Wynn?
La festa sta per cominciare
e tu servirai il tè perché sei la maggiore e la migliore

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