Quando inciampo un una foto di Anne Fine mi sorprendo sempre del suo sorriso: impacciato, da timida irredimibile.
In una delle interviste più recenti scopro che spesso scrive a matita su dei quaderni e se passa qualcuno nasconde con la mano ciò che ha scritto, un po’ vergognosa.
Questo è quello che amo di lei: nonostante gli anni, i premi prestigiosi, Anne è rimasta la stessa bambina di Leicester che scriveva componimenti sulla vita dei bottoni e degli ombrelli.
E questa sua essenza purissima le ha permesso di essere una delle autrici per bambini più vera, senza gli infingimenti o i paternalismi (o maternalismi) artificialmente zuccherini di certa letteratura per ragazzi.
Anne scrive ancora per sé stessa, ne sono convinta. L’ho conosciuta ormai tanti anni fa, quando per lungo tempo mi sono occupata di narrativa per ragazzi, facendo su e giù da Milano a Bologna ogni lunedì per poter frequentare l’Accademia Drosselmaier alla libreria Stoppani. Tra tanti, tantissimi, i libri di Anne Fine, come quelli della Lindgren e di Roald Dahl non mi deludevano mai: erano, appunto, veri, libri scritti da ragazzi a ragazzi, non importa quali fossero le età. Da Mrs Doubtfire a Bambini di farina, non c’era una pagina che non leggessi con gusto e stima.
Poi la mia vita da libraia è cambiata e Anne l’ho trovata negli scaffali della narrativa per adulti.
Ed è con questi suoi romanzi che è diventata una delle (mie) ragazze del té. Accomunata alle altre da un altissimo e squisito senso dell’umorismo, Anne è anche priva di qualunque preoccupazione nei confronti del lettore. Non teme di urtare sensibilità, va diretta a finali sempre spiazzanti, sempre unici.
Le sue donne non sono sempre esempi di perfezione femminista, anzi, talvolta mettono in crisi determinati paradigmi rigidi: in ‘Lo diciamo a Liddy?’ non se ne salva una.
Oppure, al contrario, non teme le convenzioni tradizionali, come il senso della maternità: ‘Villa ventosa’ racconta di una madre terribile eppure giusta – e infinitamente divertente. In Italia questi suoi scritti per adulti sono pubblicati da Adelphi ma all’appello della pubblicazione ne mancano moltissimi.
Sarà che anche lei soffra della discriminazione di genere (letterario)?

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