Basterebbe una divinità minore

lo scarto negletto di un pantheon qualunque

che privata di causa e intento

si facesse dedicare agli occhi stanchi e vuoti

a braccia e gambe strappate

e alle bocche chiuse

che fosse in grado di vomitare oro e colla

dentro ai tagli e alle ferite o fosse in grado almeno di ricucirle perché

non dolgano nelle giornate di pioggia

e sapesse disegnare lavagne nere e pulite prima del sonno,

dietro allo sguardo e orchestrasse del rumore bianco.

Avrebbe un tempio sotto al letto e sacrifici di piante grasse dimenticate sul balcone

e canti e preghiere stonate

e si potrà riconoscere in un nome scelto a caso dal calendario quotidiano dei farmaci

schierati sul ripiano di cucina e un giorno santo

quello in cui finalmente si quieta la bufera.