Lucia è una bambina del sessantasei. Quando io sceglievo la mia prima cartella lei stava già a Roma, a servizio da una famiglia di arricchiti al rione Monti. ‘Gente che stava bene Barbarè, ma non parlavano bene come a te’.
A Roma, chiusa dentro la grande casa’ Lucia mestrua per la prima volta, Lucia piange e chiede della madre, voglio andare a mamma mia. Mamma mia che m’ha venduta per una centomilalire al mese, m’ha messa sopra un furgone con un uomo grosso, col cappotto blé e siamo arrivati a Roma, e Ruvo, Ruvo dei sassi della Grecia grande, morta, sepolta, sbiancata, spariva dentro la gravina, ‘un posto dimmerda, mo’ lo dico’.
‘Lucì vedi che lo fai per i fratellini tuoi’ e per tuo padre che s’ammazza di rosso scadente e zecchinetta, a’ mamma.
Al primo ritorno a casa, Lucia incontra Pasquale, una stampa e una figura di papà, lo stesso rosso scadente, i furtarelli in campagna, ma mi sposa e me ne posso andare dai balconi chiusi sui tetti di Roma.
Papà non menava, però.
Papà non mi ha spaccato tutti i denti.
Ma io resto e resto anche dopo, resto anche a Milano, Barbarè insegnami a scrivere, io per quello mando solo i uotsap con la voce, però mo’ non capisco com’è che tieni tutti ’sti libbri e non sei un po’ più ricca, scusa se te lo chiedo, non t’offendere.
Per Lucia tutte queste pagine, lettere, parole, persino i post it delle comunicazioni mie e di mio figlio scaraventati in giro per la cucina sono il segno di un benessere raggiunto e non si capacita del perché vivo in tre stanze e lei viene pagata da mia madre.
Tu sì che hai una bella mamma, Barbarè.
E lo so Lucì.
E con lei mi vergogno. Di tutti questi alfabeti che ho avuto il privilegio di conoscere ho saputo farne poco, in termini di soldi, e Lucia di Ruvo di Puglia proprio non se lo spiega.
Mo’, mi sembra assurdo, uagnè!
Lucia è una bambina del sessantasei con le piaghe nel cuore di una vecchia maltrattata, malintesa.
La guardo ed è bellissima, i denti nuovi, finalmente, ma che dolore Barbarè e quanti mestieri, quanta gente che manco il caffè.
È un po’ figlia di mia madre, è un po’ mia madre per interposta persona, mia madre resta al fianco di mia sorella. Madre, sorella, figlia.
Noi ci siamo proprio trovate, siete come la mia famiglia, è vero? Mi dice spalancando il nuovo sorriso e le vocali.
Mi pare che siamo tutte naufraghe attaccate a una zattera, Barbarè. Però cazz’. Quanto bene sappiamo nuotare!
(Immagine di Letizia Battaglia. Monreale 1979. La bambina non è mai andata a scuola)
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