20 novembre 1900

Mio Mordechai,
oggi la nebbia si è aggrappata ai lampioni, ai davanzali dei nuovi palazzi affacciati sulla Primorskaya, è salita fino alle croci del monastero di San Michele e sventola dai pennoni della fortezza, un’enorme vela bianca che ci ingoia tutti e ci spinge, in strada, gli uni contro gli altri, silenziosamente.
I muri sudano del respiro del mare, fuori stagione, in ritardo.
Mi hai chiesto una foto perché cominci a dimenticare e la memoria ti restituisce solo dettagli e non ti bastano più.
Però è di questo che siamo fatti. È da questi frammenti e ritagli che ci facciamo immagine negli altri.
Siamo un pieno ai loro vuoti, un rattoppo alle crepe, alle fissure dell’anima.
Strappi di consolazione alla noia, cartoline di una felicità desiderata, ritagli di pagine e pagine di desiderio e schegge di specchi.
Questo e altro, ancora, tenuto insieme dalla colla che chiamiamo sentimento.
Talvolta ci riesce talmente bene, questo lavoro manuale della mente e del cuore, che non riusciamo più a distogliere lo sguardo.
Torna, Mordechai, per avere l’intero.
Tua,
Anna